Il Collio, una delle migliori zone di vino bianco d’Italia, è una piccola catena collinare di formazione eocenica situata sul lembo più orientale dell’Italia settentrionale. In realtà è parte di un più grande sistema orografico che da nord di Udine si protende verso sud fino a incunearsi profondamente in Istria. Il sottosuolo composto da una roccia sedimentaria dalle caratteristiche probabilmente uniche al mondo si generò su fondali marini poco profondi durante l’eocene (tra ca. 55 e 34 milioni di anni fa). Le correnti di torbida sul basso fondale generarono una stratificazione alternata di roccia tenera (marna) e dura (arenaria) da cui l’originalità e il funzionamento di questo terroir. Infatti è grazie a tale discontinuità litologica che modeste quantità d’acqua possono filtrare fra gli strati di roccia rendendosi disponibili per le radici delle viti anche nei mesi più asciutti dell’anno. I bacini lagunari che diedero origine a tali formazioni di flysch furono più d’uno, quello da cui si generò il Collio è il più settentrionale, lo stesso da cui si formarono i Colli Orientali del Friuli e il Brda, la continuazione del Collio da parte slovena per cui le caratteristiche del suolo nelle tre denominazioni è praticamente la stessa.
Il Collio dista non più di 20 km dal Mare Adriatico dal quale è separato da una breve pianura, e una trentina di km dalle prime pendici delle Alpi. Ci sono grandi differenze climatiche fra vigneti rivolti alle Alpi e quelli che guardano il mare, a causa dei venti, più freddi e asciutti quelli provenienti dalle montagne, più miti e umidi quelli che giungono dal mare. Il clima cambia con l’altitudine ma anche con la posizione rispetto alle montagne e la pianura. Questo perché le stesse fanno da barriera ai venti ma anche a causa delle correnti d’aria fredda che nel loro percorso dalle montagne al mare gradualmente si riscaldano. Inoltre pure l’orientamento del versante ha influenze fisiologiche importanti nella vite. Essa, come tutte le piante, con le parti verdi (foglie) prende dalla luce l’energia necessaria al suo funzionamento così che la spalliera piatta del vigneto è assimilabile a un pannello solare. Nei versanti a Est la vite capta la luce “pulita” del mattino, in quelli a Ovest la luce più “sporca” del pomeriggio per presenza di maggiore vapore acqueo. Siccome nelle ore più calde del giorno la vite chiude gli stomi per contenere la disidratazione, accade che la fotosintesi avviene a est con una luce più pulita e una temperatura più fresca, condizioni atte a favorire la deposizione degli aromi e dunque le varietà aromatiche, e a ovest con una luce più sporca e una temperatura più elevata, condizioni buone per i bianchi da caldo come tocai (friulano) e malvasia, e per la maturazione dei polifenoli nei rossi.
Differenze esistono anche nel terreno. Per quanto l’orogenesi sia la stessa e la caratteristica stratigrafica sia simile nei diversi flysh, la composizione chimica della roccia può differenziarsi anche in modo importante pure a distanze di pochi metri. Dunque è logico aspettarsi un’influenza importante dell’ambiente sui vini.
Dal 1982 s’è adottato il metodo di vinificare separatamente l’uva raccolta da ogni parcella di vigneto, memorizzando i dati salienti della vinificazione. Al fine di evidenziare l’influenza del “terroir”, tra il 1992 ed il 1995 le cantine furono ristrutturate completamente e rinnovati i contenitori in modo da essere in grado di vinificare separatamente una partita d’uva e portarla integra in bottiglia a partire da un minimo di 250 litri. Grazie alle informazioni ricavate negli anni col metodo esposto, si sta maturando una conoscenza sempre più approfondita dei principali poderi.
Nicola Manferrari