Fintanto che nel 1987 non acquistai il podere di Ca’ della Vallade, l’idea di “terroir” restava per me una parola seducente, ma senza spessore. Prima d’allora avevo lavorato solo uve provenienti dal versante a Sud-Ovest della collina che dal Colle di S. Giorgio a Brazzano segue con il Quarin verso Cormòns. Ricordo l’apprensione con cui cercando conferme sull’investimento fatto m’accostai ai vini nuovi. E la delusione! Certo, in una cisterna avevo dell’ottimo Chardonnay, ma il Verduzzo non era riuscito a maturare; quanto al Tocai, grossolano com’era, nemmeno mi sfiorò l’idea di metterlo in bottiglia e poi il Cabernet Franc, erbaceo e ruvido! Eppure lo Chardonnay era più buono di quello di Brazzano. L’anno seguente potai più corto, intervenni sul terreno. Fermentai lo Chardonnay in due fusti nuovi: venne buono, gli altri no. Così, l’aprile successivo, quando un confinante mise in vendita tre ettari di terra, li acquistai, non prima d’aver estirpato tocai, verduzzo e cabernet da quello comprato in precedenza. E lo Chardonnay che ottenni si rivelò migliore del primo.
Il perché è presto detto. Le viti interagiscono con l’ambiente. Il Collio è fatto di stati di marna e arenaria sovrapposti originati su fondali marini poco profondi ove le correnti sotterranee fecero accumulare sedimenti diversi dando origine a suoli con caratteristiche differenti a distanza anche di pochi metri. Si coltiva la vite in climi più rigidi e più caldi del nostro: in Collio il clima è temperato. I versanti a Sud e Sud-Ovest, che guardano l’Adriatico da cui distano pochi chilometri, sono più caldi di quelli a Sud-Est ed Est per non dire di quelli a Nord-Est che hanno le montagne in fronte e sono sferzati dalla Bora, vento freddo che viene da Est. Nelle regioni a clima più rigido, come in quelle più calde, la vite è tradizionalmente coltivata solo sui versanti più adatti, quelli in cui possono produrre. Da noi le viti vivono e producono su ogni versante, ma fanno vini grandi in posti precisi. Lo chardonnay reagisce bene a un clima fresco: viene più salato e aromatico. Dunque decisi di specializzare quel podere a chardonnay, semplicemente perché è il vino che là viene meglio.
Vinifichiamo separatamente le diverse parcelle di vigna e dai vini ottenuti emergono differenze marcate dovute ai fattori più disparati: età, posizione, forma di allevamento, genetica. Facendo leva su tali informazioni stiamo realizzando, migliorandolo costantemente, il nostro vigneto.
Lo Chardonnay proviene da vigne di età diverse site a Ca’ delle Vallade ove il microclima consente di raccogliere relativamente tardi, potendo beneficiare così di temperature più fresche, e sul versante sud ovest del monte Quarin ove la raccolta avviene qualche giorno prima ma il suolo è molto simile a quello di Vallade. La vendemmia è effettuata a mano con una cernita accurata tesa a eliminare eventuali acini ammuffiti o danneggiati. I grappoli sono riposti in piccole cassette di plastica con l’obiettivo che l’uva giunga assolutamente integra in cantina: il fondo della cassetta deve restare asciutto. Gli appezzamenti sono sempre vinificati separatamente annotando i dati salienti in modo da poter ricostruire anche dopo molto tempo la storia del vino dalla bottiglia al vigneto: considero questo il patrimonio più grande di Borgo del Tiglio. Si pressa molto soffice e i mosti ottenuti fermentano in piccoli fusti di rovere francese in parte nuovi. Al termine dell’affinamento che dura 9, 10 mesi, dopo numerosi assaggi, è decisa la cuvée definitiva: naturalmente del vino viene scartato. Il rendimento è contenuto, la produzione finale in bottiglia si aggira tra i 20 e i 30 hl/ha. Considerato che i vigneti nuovi contano 7.300 viti ettaro, la produzione a ceppo è particolarmente bassa.
Con le annate migliori si scelgono i fusti più buoni per imbottigliarli separatamente come Chardonnay Selezione.
Nicola Manferrari